Hai amici musicisti di Napoli? Hai sentito espressioni come Bacone, Facimmo addò va, Bagaria e non sai cosa significhino? Allora è possibile che tu ti sia chiesto almeno una volta cos’è la Parlésia.
Ma cos’è la Parlésia?
È storia, cultura, tradizione. È la lingua dei musicisti napoletani dentro la lingua napoletana.
SEA and YOU nasce proprio dall’esigenza di raccontare le tradizioni e i segreti del Fado, del Flamenco e della Canzone napoletana classica. Trasmettere la passione dei musicisti e diffondere i tre stili musicali, come già fanno Napulitanata, CajaGranadaFundación e Ideal Fado , è l’obiettivo dei Festival SEA and YOU, il quale sbarcherà tra pochi giorni a Granada per la sua prima tappa (Clicca qui per tutte le info).
Un progetto ambizioso, che grazie all’ European Agenda for Music vedrà la luce.
Oggi SEA and YOU ti spiega cos’è la Parlésia, quali sono le sue origini e perché è così importante per la cultura napoletana.
Mettiti comodo, perché stiamo per entrare in un viaggio ricco di storia e di cultura, che tratta della lingua segreta dei musicisti napoletani.
Non puoi capirla se non suoni. Cos’è la Parlésia e perché è importante
La musica napoletana, in particolare la Canzone napoletana classica, è una delle tradizioni più identitarie che ci sia al mondo. Famosa ovunque, diffusa in ogni angolo della Terra, la canzone napoletana è riconoscibilissima in ogni sua nota e in ogni suo aspetto.
La sua fama la precede, e non c’è persona che non abbia cantato almeno una volta ‘O Sole mio e ‘O surdato ‘nnammurato.
Ma c’è ancora qualcosa che la gente non conosce: la Parlésia!
Che cos’è la Parlésia?
Definire cos’è la Parlésia è insieme facile e difficile. Una prima risposta di cosa è la Parlésia possiamo darla in maniera semplice, dicendo che la Parlésia è una serie di vocaboli che usavano i musicisti napoletani per non farsi capire dagli altri.
Ma basta questa definizione per capire cosa è la Parlesia? Certo che no. Allora proviamo a definire veramente cos’è Parlésia, addentrandoci in questa lingua magnifica e affascinante.
Alle origini della Parlésia
Difficile definire l’origine certa della Parlésia. Sappiamo che è un codice linguistico segreto usato dai musicisti napoletani intorno alla seconda metà del 1800 e la prima metà del 1900, quindi proprio nel periodo d’oro della Canzone napoletana classica, quando sono state scritte le più grandi canzoni napoletane, tra cui Te voglio bene assaje di Raffaele Sacco, ‘O sole mio di Giovanni Capurro e Funiculì funiculà di Giuseppe Turco.
La Parlésia non è presente in queste canzoni, ma era il modo di parlare di alcuni musicisti chiamati posteggiatori, artisti itineranti che si esibivano per strada. Come molti professionisti avevano bisogno di comunicare con i colleghi senza farsi capire dai clienti. Anche i pescivendoli avevano un proprio modo di parlare, così come i…malavitosi.
La Parlésia poteva servire per chiedere cose di cui non doveva essere a conoscenza il committente del lavoro o gli spettatori.
Poteva essere usata per comunicare variazioni sul repertorio in esecuzione, per avvertire, per indicare fatti pregressi o che forse sarebbero successi.
Vista la ricchezza di termini, non dobbiamo confondere la Parlésia con una serie sconnessa di parole, ma dobbiamo dare il giusto valore a quella che, per anni, è stata la lingua segreta dei musicisti napoletani, con una propria grammatica e un proprio vocabolario.
Comunicare con la Parlésia
Spesso capita che i musicisti hanno bisogno di comunicare tra loro sul palco. Ma come farlo senza farsi capire? Ecco che la Parlésia serviva proprio per parlare sul palco, magari durante l’esibizione.
Se i musicisti avessero voluto avvertire un collega avrebbero potuto usare il nome dello strumento che suonava.
Per chiamare, per esempio, il musicista che suonava IL VIOLINO avrebbero usato l’espressione ‘o tagliero, per il musicista DELLA FISARMONICA avrebbero potuto usare strillandë o špillantë, o per il musicista del MANDOLINO avrebbero potuto usare la parola ‘o trillandë.
Capitava spesso di parlare, o sparlare, del capo, e si utilizzava l’espressione ‘o jammo, cioè l’uomo.
l’uomo che pagava, ‘O JAMMË CA ŠPUNISCË E BBANË, O’ JAMMË C’A BBANÈSIA ‘O JAMMË R’A TAŠCA, e poteva servire per dire “stai zitto, sta arrivando il capo” con una locuzione del tipo “addo va, sta appunenne `o jiamme d“a tashca”. Saresti riuscito a capire? NO, ma è questa la meraviglia.
Espressioni che potevano anche salvare il lavoro grazie al mistero delle parole.
Ma poteva anche essere un linguaggio usato nei momenti di svago e di relax, per parlare male di persone che non dovevano capire o per parlare di bisogni fisiologici.
Insomma, la Parlésia era la lingua ufficiale dei musicisti napoletani.
Pino Daniele, Enzo Avitabile e la Parlésia
Dopo aver capito cos’è la Parlésia e perché è stata così importante per i musicisti napoletani, ha senso chiedersi se oggi ancora qualcuno usa la lingua segreta dei musicisti napoletani.
Sono pochissimi gli artisti che conoscono la Parlésia. Tra gli artisti emergenti napoletani, ma anche quelli di vecchia data, non si riscontrano omaggi o locuzioni nelle proprie canzoni, tranne per due artisti.
Pino Daniele è colui che ha sdoganato la Parlésia come linguaggio non più segreto ma artistico.
Nella canzone Tarumbò l’artista inizia il suo brano con l’espressione Che bellu jammone, utilizzata qui per screditare un potente (c’è chi ha visto in questa canzone una critica alla Chiesa).
L’artista Enzo Avitabile con la canzone Bagano ha scritto un’intera ode alla Parlésia. Una canzone composta nel 1999, contenuta nel disco O-issa, tutta con vocaboli incomprensibili per i non addetti ai lavori presi dalla Parlésia
Napulitanata custode dell’antica Parlésia
Napulitanata è tra le principali sostenitrici della Parlésia.
Napulitanata è l’unica sala da concerto della Canzone napoletana classica a Napoli.
Nata nel 2017, è oggi il principale punto di riferimento per chi vuole sentire la vera musica napoletana.
Ogni anno riceve visitatori da ogni parte del Mondo, e quest’anno ha deciso di legarsi artisticamente a CajaGranadaFundación e a Ideal Fado per dare vita a SEA and YOU, il festival della canzone tradizionale in Europa e portare la Canzone napoletana classica per l’Europa.
Napulitanata ha come obiettivo il diffondere quanto più possibile la Canzone napoletana classica a Napoli e nel Mondo, i suoi usi, i suoi costumi e i suoi segreti.
La stessa natura della sala ricorda quella dove suonavano gli artisti nel XIX e XX secolo, con i musicisti molto vicini al pubblico.
Napulitanata, nel corso della sua storia da promotrice della Canzone napoletana classica, ha realizzato non solo progetti di divulgazione (come la mostra fotografica su Pasolini e Lomax e la mostra su Enrico Caruso) ma anche una serie di gadget per far avvicinare sempre più persone alla Canzone napoletana classica in maniera semplice ed efficace. Tra questi spiccano le iconiche t-shirt sulla Parlésia.
C’è quella con la scritta Si’ proprio nu’ bacone, cioè una persona che non sa fare il proprio lavoro, o che d’è sta bagaria?, per indicare qualcosa di strano che sta avvenendo, oppure quella con la scritta Facimmo addò va, che tradotto significa FERMIAMOCI.
È un modo per rendere omaggio a una delle tradizioni più affascinanti della Canzone napoletana classica e per far vivere, nel mondo moderno, questa antica lingua i musicisti.
Ma tu continua a seguirci per scoprire i segreti della Canzone napoletana classica, del Fado e del Flamenco e per seguire i concerti di SEA and YOU!
Di Davide Lancia